Cos’è una Euroregione o Euregio, a quando risalgono le prime esperienze. Nuove euroregioni per superare i confini dell’Europa ad est e creare nel quotidiano un’effettiva integrazione europea fra popoli.
Indice:
- La nascita delle Euroregioni
- Euroregioni per superare i nuovi confini del dopo caduta del muro di Berlino. L’esempio dell’Istria.
- Creare euroregioni per contrastare l’esclusivismo etnico
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La nascita delle Euroregioni
Le prime forme di euroregioni nacquero dopo la Seconda Guerra Mondiale, ancor prima quindi della costituzione della Comunità Europea. Queste avevano la funzione di promuovere la collaborazione fra le zone confinanti di quelle nazioni che durante il conflitto erano stati nemiche. Tale forma di cooperazione si è però ulteriormente sviluppata nell’ambito dell’Unione Europea, che per la promozione della cooperazione transfrontaliera stanzia oggi notevoli mezzi finanziari, in particolare attraverso i programmi Interreg e Eureg.
A partire dalla seconda metà del XX secolo è quindi successo che le comunità locali, ossia le province e le regioni nei Paesi europei, hanno preso l’iniziativa di costruire nel concreto la pace collaborando insieme insieme sulla base di specifici interessi comuni, diversi caso per caso. In alcune delle esperienze più avanzate è successo che, già da parecchi anni, i cittadini potessero usare in modo incrociato, almeno in parte, i servizi delle diverse pubbliche amministrazioni. Così, nei fatti, il confine nella vita di tutti i giorni perdeva praticamente senso.
Formalmente queste entità sono assai diverse tra di loro; possono essere “leggere” o invece, come in alcuni casi, possono avere anche organi comuni, per esempio un Consiglio dell’Euroregione. Oggi queste esperienze in Europa sono parecchie decine, favorite anche dall’aprirsi ad Est dell’Unione Europea. L’organismo che le collega si chiama ARFE (Associazione Regioni Frontaliere d’Europa) e ha sede a Gronau (Germania).
Euroregioni per superare i nuovi confini del dopo caduta del muro di Berlino. L’esempio dell’Istria.
Attualmente queste istituzioni tendono a diffondersi molto in Europa; ma dobbiamo notare che non sempre questo strumento di costruzione della pace e superamento dei confini viene usato dove più ci sarebbe bisogno.
Sembrerebbe piuttosto che l’obiettivo che giustifica la nascita di queste sia più che altro l’integrazione economica; ovvero aree finora svantaggiate dalla presenza dei confini (per servitù militari, ecc.) ora vedono nella cooperazione transfrontaliera una chance per essere insieme maggiormente competitive nel grande mercato europeo in via di configurazione.
Che l’antica funzione politica delle Euroregioni – costruire la pace attraverso il superamento dei confini – sia forse un po’ passata di moda ci viene confermato dal non utilizzo di questo strumento in quelle situazioni dove le piaghe del conflitto etno-nazionalista non sono ancora guarite. Ci si riferisce, ad esempio, alla situazione dell’Istria. In questa bioregione di frontiera infatti, visto che qui le vicende storiche più recenti hanno moltiplicato i confini piuttosto che ridurli, più che da altre parti è giustificata l’esigenza di arrivare alla costituzione di un tale organismo euroregionale, . Certo c’è da dire che nell’ambito dell’ex Jugoslavia, l’Istria ha conosciuto già una sorta di euroregione denominata Alpe-Adria. Alpe Adria, che da alcuni decenni gestisce una cooperazione a “grande scala” tra regioni frontaliere e no. Ma Alpe Adria ha avuto il difetto di perseguire una visione politica troppo generalista / diplomatica e poco concreta dei problemi; questo mentre invece le euroregioni di oggi si costituiscono piuttosto con l’intento di fare sì che i diversi territori collaborino con i propri vicini in base a progetti molto pratici. L’Istria sarebbe quindi un territorio ideale di nuova Euroregione.
Creare euroregioni per contrastare l’esclusivismo etnico
Contro l’esclusivismo etnico è importante valorizzare la dimensione territoriale: il comune vincolo che unisce le persone conviventi su uno stesso territorio, costituisce un legame con esso e tra le generazioni che vi si susseguono. Qui confluiscono positivamente importanti aspetti ecologici, sociali, economici e culturali. Dal lato istituzionale, alla valorizzazione della dimensione territoriale corrisponde meglio una concezione federalista piuttosto che lo stato-nazione.
Alternativa alla disgregazione nazionalistica è quindi la realizzazione di “regioni europee” che superino le attuali frontiere statuali europee. Si tratta di rendere i confini sempre meno incisivi, riprendendo e allargando antichi rapporti di comunanza storica, culturale, linguistica ed economica, amputati spesso dalla logica di potenza degli stati nazionali e dei totalitarismi ideologico-politici. La crescita di nuovi tessuti regionali deve avvenire nella cornice di un’Europa unita (e allargata ad Est), federalista, solidale verso il resto del mondo e in particolare con il Sud.