Scuola e comunicazione sviluppo sostenibile

Scuola – comunicazione e sostenibilità
di Roberto Albanese

Dalla distinzione dei diversi approcci e significati dati al termine comunicazione, al chiarimento delle linee di tendenza che caratterizzano il contesto attuale fino all’individuazione di linee guida e criteri per legare le esperienze di educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile per progetti realizzate dalla scuola a strategie di comunicazione, con particolare attenzione all’Agenda 21 Locale.

INDICE

  1. PREMESSA
  2. DIFFERENTI APPROCCI AL TEMA DELLA COMUNICAZIONE
  3. MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA E NUOVI MEDIA
  4. ALCUNE LINEE DI TENDENZA IN ATTO
  5. LA COMUNICAZIONE AMBIENTALE DEI MEDIA
  6. PROSPETTIVE GENERALI DI QUADRO
  7. SPAZI DI PROGETTUALITÀ ED ESPERIENZE SPERIMENTATE
  8. LE ATTENZIONI PEDAGOGICHE

Tabella A – RISCHI CONNESSI ALL’ATTIVAZIONE DI UN PROGRAMMA / ATTIVITA’ DI COMUNICAZIONE IN UN PROGETTO DI EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE IN AMBITO SCOLASTICO E POSSIBILI CONTROMISURE

Tabella B – INVENTARIO DI POSSIBILI ATTIVITA’ E PRODOTTI DI COMUNICAZIONE AMBIENTALE, CON PARTICOLARE ATTENZIONE ALLA SCUOLA

BIBLIOGRAFIA

1. PREMESSA
Per l’Unione Europea “comunicazione, informazione, educazione e formazione sono mezzi che stimolano la consapevolezza ambientale e promuovono il cambiamento dei comportamenti in tutti i settori della società” (Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio delle Comunità Europee del 24 settembre 1998 relativo al programma politico e d’azione relativo all’ambiente e allo sviluppo sostenibile “Verso la sostenibilità”).

Questa dispensa sviluppa un percorso per strutturare la comunicazione ambientale verso la sostenibilità, richiamandosi ai capitoli 25 e 36 dell’Agenda 21 nonché alle indicazioni date dall’UNESCO e dalla CSD (Commissione ONU sullo Sviluppo sostenibile) in occasione della sesta sessione di lavoro del 20 aprile / 1 maggio 1998. Tali elementi saranno da un lato approfonditi sul versante culturale e pedagogico e dall’altro verranno collegati alle più recenti e significative esperienze di comunicazione interattiva, legate ai mezzi di comunicazione di massa e ai nuovi media, che interessano la scuola specificatamente al tema ambiente.

Quindi tratteremo di “comunicazione pubblica”, pur sapendo che nell’ambito della comunicazione ambientale opera (ormai da tempo e in una prospettiva di interesse crescente) anche il settore privato. Infatti la globalizzazione dei mercati, l’accresciuta competitività, la maggiore attenzione con la quale i cittadini consumatori seguono le aziende, ma anche obblighi di legge (quali la “direttiva Seveso”) hanno fatto si che la comunicazione (e non più unicamente la pubblicità …) sia diventata un elemento sempre più decisivo per il successo delle attività imprenditoriali.

Una volta chiarito e riaffermato che il motivo centrale della comunicazione è dato dallo scambio di significati tra soggetti, attuato in modo dialettico e non unidirezionale, si proporranno alcuni concreti suggerimenti ed avvertenze pedagogiche e metodologiche, lasciando poi la parte più strettamente tecnica ai relatori successivi.

Pur senza sminuire il valore della componente tecnica, si ritiene che questi aspetti devono essere padroneggiati e non subiti. Siamo convinti che il mondo della scuola italiano si sia già attivato a riguardo, come indica il fatto che i siti World Wide Web attivati da scuole sono già circa 7.000 in tutta Italia e 700 in Lombardia (secondo le informazioni a conoscenza della BDP di Firenze; da questa stessa fonte è stato ricavato l’elenco dei siti delle scuole di Cremona e provincia che è riportato tra gli allegati di questa relazione). E di queste esperienze si tratta di valorizzare le migliori, al fine di renderle “trainanti” rispetto all’intero corpo del mondo della scuola.

Ribadiamo quindi che, anche nell’ambito della comunicazione ambientale, il saper fare deve accompagnarsi al saper essere dell’operatore. Ovvero la comunicazione non è uso fine a se stesso delle tecniche di comunicazione ma processo complesso, dove l’espressione di un gruppo è colta dal suo interlocutore, il quale è a sua volta messo in grado di dare risposta. Per questo un progetto di comunicazione esterna di una scuola, per riuscire, ha tra i suoi necessari presupposti una adeguata comunicazione interna al gruppo classe ed anche un attento lavoro di educazione all’ascolto. E chi è educatore ha nel suo codice genetico questa sensibilità, che sarà di fondamentale aiuto per attivare programmi di comunicazione che la scuola dovrà elaborare creativamente a partire dal suo specifico.

Questo saper essere che è richiesto a chi opera a livello di comunicazione ambientale nel mondo della scuola determina anche la scelta degli elementi materiali su cui il progetto dovrà intervenire nonché delle modalità di tale intervento. Raccogliere ed organizzare la conoscenza non significa solo elaborare dati ma anche produrre immagini e soprattutto senso. Il che vuol dire che di ogni conoscenza va ricercata una ritrasposizione profondamente coinvolgente la persona e il gruppo; così emergerà quella “estetica dell’ecologia della vita quotidiana” che è un modo per catalizzare il pathos indispensabile ad una comunicazione ambientale profondamente vitale. Noi riteniamo che la forma che meglio raccoglie l’insieme delle esigenze e delle tensioni esistenziali connesse ad un gruppo di ragazzi che sceglie l’azione sia quella del racconto. Senza nulla togliere ad altre modalità comunicative, comunque da non trascurare (come la comunicazione “cartacea”: volantino, pieghevole, giornalino …) la formula che ci sentiamo di proporre per ottenere una forma adeguatamente comunicativa è quella della narrazione (realistica o fantastica). Raccontare una storia significa condividere il vissuto, anche emotivo, legato alle esperienze positive realizzate insieme e dalle quali cose nuove potranno ancora nascere, proprio in ragione del fatto che il messaggio non è altro che l’elaborazione di un’emozione sentita come comune sia dall’emittente come dal destinatario.

Dunque centralità né alla tecnica, né al prodotto ma allo stile comunicativo (l’ “agire comunicativo” delle comunità dei mondi della vita che il sociologo tedesco J.Habermas contrappone all’agire strategico delle strutture di potere) e all’attenzione formativa. Se si è poveri di mezzi ma ricchi di tale spirito i risultati realmente comunicativi e formativi non mancheranno. Poi se, per di più, si riesce ad essere ricchi sia di qualità comunicativa nonché di mezzi comunicativi (come oggi è possibile grazie alla rivoluzione dei Nuovi media) tanto meglio ….

2. DIFFERENTI APPROCCI AL TEMA DELLA COMUNICAZIONE

Nel panorama dei differenti approcci alla comunicazione, sono presenti almeno almeno tre distinte concettualizzazioni di tale tema.

Comunicazione in senso globale – Concetto che indica il carattere fondamentale dei rapporti umani in quanto fondati sulla partecipazione reciproca, ovvero sulla comprensione tra soggetti diversi. Tale concetto è centrale in correnti filosofiche contemporanee particolarmente significative ed influenti, come l’esistenzialismo di Jaspers, Heidegger …

Comunicazione in senso psicosociale – Concettualizzazione che concepisce la comunicazione come interscambio di significati ( = intera serie di conoscenze, sentimenti e tendenze all’azione evocate da un simbolo). Secondo tale approccio la comunicazione si realizza essenzialmente attraverso il ricorso a simboli convenzionali, ovverosia usati dai membri di una comunità in modo più o meno conforme (linguaggio). Questa è possibile nella misura in cui gli individui hanno in comune cognizioni, bisogni ed atteggiamenti.

Comunicazione e teoria dell’informazione – In tale ambito la comunicazione è definita come l’insieme delle operazioni e delle attività con le quali il soggetto comunicatore vuole trasmettere e partecipare ad altri (soggetti recettori) i suoi contenuti mentali, manifestandoli ed esprimendoli attraverso forme percepibili con i sensi. Il processo di comunicazione si svolge in tre fasi: il momento creativo che inventa il messaggio; la trasformazione del messaggio (messa in codice) in un linguaggio comune all’emittenza e al destinatario; il momento di arrivo o della fruizione del messaggio con le reazioni che ritornano verso l’emittenza (feed–back o onda di ritorno).

3. MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA E NUOVI MEDIA

Nel termine comunicazione di massa rientra ogni processo di produzione e di distribuzione di informazioni (parole, immagini, suoni, testi, ecc.) atto a raggiungere simultaneamente un pubblico molto ampio di persone tra loro separate.

La teoria della comunicazione di massa rappresenta un ramo specializzato della psicologia sociale del comportamento collettivo che studia la diffusione di determinati contenuti simbolici ad opera di particolari mezzi tecnici (giornali, riviste, manifesti, cinema, radio, televisione, telematica) i quali raggiungono masse di uomini distribuite su uno spazio vastissimo.

Vanno riconosciuti gli influssi positivi dei mass media come gli aspetti problematici. Con il diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa gli uomini hanno preso sempre più coscienza dei problemi dell’umanità e i popoli si sono avvicinati; i media coinvolgono le persone in prima persona e rendono responsabili o comunque partecipi degli eventi. La comunicazione dei mass media rispecchia tendenze psicologiche, strati di mentalità collettiva che si trovano alle soglie dell’inconscio. Nelle società complesse la comunicazione di massa riveste una grande importanza per l’integrazione della società nel suo insieme e la riproduzione delle ideologie dominanti. Anche in ragione di ciò la comunicazione dei mass media, storicamente, ha finito per assumere senso unico: cioè dall’emittente al destinatario.

Con il termine di Nuovi media (New Media) viene richiamato quell’insieme dei nuovi mezzi di comunicazione che sono il risultato dell’innovazione tecnologica i cui presupposti risalgono alla fine degli anni Sessanta (microelettronica con il p.c. che diventa supporto alla comunicazione, satellite …). Fra i New Media rientrano:

Internet

TV digitale

Supporti multimediali

Telefonia cellulare

Telematica

La telematica, in quanto combinazione di telecomunicazione e informatica, si può definire come “l’insieme dei servizi di natura o di origine informatica, che possono essere forniti mediante una rete di telecomunicazioni” (Journal Officiel de la République Francaise del 17 febbraio 1982).

Grandi sistemi telematici si sono innestati sui gangli decisionali e gestionali di produzione, economia, politica e società a partire dalla fine degli anni ‘70.

Le reti telematiche rendono possibili interrelazioni multiple di ogni tipo (da individuo ad individuo, da una fonte centralizzata ad una pluralità di individui, per sottogruppi funzionali, …).

La caratteristica di fondo dei New Media è l’interattività. Questa simula in ambito tecnologico l’interazione comunicativa di una relazione tra persone, rispondendo ad alcune specifiche caratteristiche.

Queste possono essere così precisate:

Rapidità (per avere risposte nel c.d. “tempo reale” bastano due secondi)

Imprevedibilità dei risultati finali dello scambio

Possibilità di interrompere l’interlocutore

4. ALCUNE LINEE DI TENDENZA IN ATTO

La convergenza tra i vari media

Ambiti tradizionalmente distinti, come l’informatica, la televisione, le telecomunicazioni e la telefonia, grazie all’evoluzione tecnica verso un comune linguaggio (il digitale) sono oggetto oggi di un processo di convergenza. Ne dovrebbe derivare un unico mezzo di produzione e di trasmissione, con di conseguenza un modello economico di fatto unitario. Una prima espressione di ciò è INTERNET.

L’Unione Europea ha definito le caratteristiche economiche, tecnologiche e culturali di questo processo (nonché le possibili implicazioni normative) in un rapporto pubblicato nel 1997: il Libro verde sulla convergenza dei settori delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell’informatica e le implicazioni per la regolamentazione.

Il passaggio dal pubblico ai pubblici

I teorici dei nuovi media partono dal riconoscimento che – nella società complessa, altamente differenziata, disarticolata, frammentata ad oltranza – non è possibile più parlare di un unico pubblico, ma di pubblici differenziati, ad ognuno dei quali va riconosciuta una specificità di comportamenti, stili di vita, valori.

Esiste una evidente tendenza della comunicazione di massa – anche sulla spinta degli interessi di mercato – a rispecchiare e riproporre (e indurre la riproduzione) della società in frantumi che ci è contemporanea. Il complesso dei nuovi media attraversa questi “pubblici”, al tempo stesso rappresentandoli e dinamizzandoli.

La scomparsa del territorio e l’assolutizzazione del dato e dell’ “effetto speciale”

Qui forse troviamo quelli che, per un educatore, rappresentano i maggiori elementi di rischio che già si manifestano in quest’avvio dell’età dei Nuovi media. Questi infatti, se da un lato hanno reso possibili interrelazioni multiple di ogni tipo, nel contempo tendono pure a determinare una sorta di scomparsa del territorio. L’assolutizzazione del “dato” e della sua unidimensionalità potrebbe portare al fatto che questo sia “organizzato” non dalla mente o dalla memoria, ma dal potere, in banche ed enciclopedie che non potranno produrre altro se non più raffinate forme di staticità e controllo burocratico del sociale.

La sovraesposizione ai media porta i nostri ragazzi (e non solo loro …) a confondere la realtà con la sua rappresentazione, talora finendo per isolarsi nel “virtuale”, dove ciascuno finisce per bastare a sé stesso. E – se la pratica dello zapping televisivo influisce sul sistema cognitivo in termini di frammentazione della percezione – il modello comunicativo dello spot e del videogioco induce ad atteggiamenti comportamentali semplicemente reattivi e meramente ripetitivi.

Così il potere delle immagini diventa onnipotenza degli “effetti speciali”. Questa, sfuggendo al nostro controllo, tende ad uccidere l’immaginario, ad inibire il senso del meraviglioso nella relazione con il mondo naturale e a far deperire la capacità di cogliere e narrare la vita come storia.

5. LA COMUNICAZIONE AMBIENTALE DEI MEDIA

Nelle società complesse esiste un’oggettiva difficoltà delle persone a cogliere la dimensione dei problemi ambientali. “La gente ha difficoltà di adattamento dalla scala delle cose incontrate durante la vita di ogni giorno alle scale di grandezza – enormemente ampia o infinitesimamente piccola – necessarie per capire i fenomeni demografici o ecologici”, dichiarano CSD e UNESCO.

Di fronte a tale difficoltà dei cittadini l’uso che i media hanno fatto dell’ecologia è in chiave consolatoria o di catastrofismo, producendo comunque atteggiamenti di deresponsabilizzazione. “Previsioni allarmistiche per le quali il nostro mondo sarebbe oramai prossimo alla fine evidentemente non conducono a programmare e ad agire su modalità di lungo periodo, come invece lo sviluppo sostenibile esige. Al contrario, è molto più efficace presentare i problemi come fenomeni è possibile gestire attraverso condotte responsabili e, dovunque sia possibile, presentare soluzioni realistiche e strumenti per agire in chiave di prevenzione” (ibidem).

La gestione del cambiamento, proseguono queste istituzioni internazionali, è quindi un arduo problema, che va affrontato con realismo. “E’ stato riconosciuto che né gli individui né le società sono pronte o capaci di cambiare le loro abitudini e i loro comportamenti da un giorno all’altro. Le proposte di cambiamento, se ci sono, devono essere efficaci e realizzabili”, concludono CSD e UNESCO (ibidem).

Cerchiamo ora di specificare questa analisi rispetto alla realtà italiana, sia pure privilegiando il campo televisivo. Il modo con cui la TV si è proposta negli ultimi decenni in Italia (con una caratterizzazione relativamente atipica rispetto al resto dell’Europa) è stata quella di una programmazione multirete fatta di fonti emittenti gestite dalla mano pubblica e di Networks a capitale privato. L’estrema pluralità delle reti non ha comunque portato ad una evidente differenziazione culturale dei contenuti dei palinsesti relativamente al tema ambiente.

Fino alla fine degli anni ’90 – evidenzia un’analisi di Renzo Salvi, dirigente RAI presso il centro di produzione di Milano – gli stili dominanti utilizzati per parlare di ambiente e di “natura” sono sostanzialmente restati gli approcci televisivi classici e le “forme” sorte e stabilizzatesi negli anni ’70: documentario naturalistico, come descrizione delle bellezze naturali, la loro illustrazione, al più il rimpianto di mondi incontaminati. Dal rimpianto si passa invece all’informazione e alla documentazione di situazioni di cospicua difficoltà per l’ambiente naturale, in servizi giornalistici legati al quotidiano, o di ripensamento (in genere su base settimanale) di notizie recenti.

Talora in queste produzioni l’informazione scorre verso la denuncia vibrata e lascia trasparire le potenzialità di impegno civile che sono insite nella comunicazione di massa e nei suoi strumenti. In altri casi gli approcci ai temi di ambiente e natura trovano invece i modi dell’informazione e divulgazione scientifica.

In tutti questi approcci, però questi – forse per un eccesso di specializzazione e di appartenenza, ciascuno, ad un particolare genere televisivo – , lo sguardo poggia lontano e non poggia quasi mai sui “problemi di casa propria”, su un’”ecologia del quotidiano”, che comporterebbe la profonda messa in discussione degli stili di vita (cosa rispetto alla quale giornalisti e programmisti televisivi sono comunque drammaticamente impreparati). Rare sono state le eccezioni a riguardo, tra cui vanno citate la serie di puntate della trasmissione Il filo del lavoro – prodotte dalla terza rete RAI della Lombardia tra il 1983 e il 1985 – dedicate ai parchi, ai “lavori verdi”, all’educazione e all’animazione ambientale, con particolare attenzione alla scuola, che chi scrive ha contribuito a realizzare.

Si può quindi condividere l’analisi di chi, come il sociologo Marco Lombardi, rilevava già sul finire degli anni ‘80 l’esistenza di un sorta di modello autoreferente di comunicazione ambientale. Logiche e forze dominanti del quadro storico dato “sottomettono” il rapporto uomo – natura, il modello di sviluppo a determinati modi possibili che la comunicazione audiovisiva sull’ambiente rispecchia, producendo specifiche metafore per immagini, costruite all’interno di un modello sostanzialmente “chiuso”.

In questo sistema il concetto di verità assume connotazioni relativistiche, il sistema crea un proprio livello di verità che può essere definito come distanza tra realtà (il fatto sperimentato) e immagine (il fatto comunicato).

Inoltre, quando mancano sia l’esperienza del fatto (emblematica, a riguardo, l’impatto nella nostra realtà che ebbe la vicenda Chernobyl) come un riferimento di ricordo ad altre esperienze, uno dei termini che definiscono il vero, non può essere assunto, e quindi il vero coincide con l’unico termine presente: l’immagine veicolata. Il dramma è che questa assenza dell’esperienza permane anche quando invece è “solo” il modo di produzione dei media (burocratico, partiticizzato, estraneo al sociale) che ostacola il riconoscimento della realtà.

6. PROSPETTIVE GENERALI DI QUADRO

Tentando ora di darci alcune prospettive generali di quadro, nel cui ambito collocare un agire possibile, individuiamo tre elementi.

La continuità tra il tecnologico e il biologico

La scommessa attuale è quella di riuscire a valorizzare tutte le potenzialità culturali e tecniche idonee a farci evitare quell’illusione ideologica che ci vorrebbe indurre all’azzardo di soggiogare i sistemi naturali a quelli artificiali, invece di creare interdipendenza tra questi. Si tratta infatti di pensare ad un’integrazione tra l’insieme di tecnologie, codici, sistemi di comunicazione di quell’immenso sistema pensante artificiale che, come una sorta di intelligenza collettiva, sta iniziando ad avviluppare il nostro pianeta (che, usando il termine che riprende un concetto teorizzato da Teilhard de Chardin, si potrebbe definire noosfera) e la biosfera, ovvero il globo terrestre nella sua natura di sistema vivente unitario.

Il rapporto stretto tra ecologia planetaria e democrazia

Alla prospettata visione di “ecologia planetaria” si tratta comunque di affiancare anche una prospettiva democratica, con l’obiettivo di piegare gli universi telematici a fini di socialità, comunitarietà e personalizzazione. Nell’ambito ambientale ciò significa, tra l’altro, individuare (e non per semplice sommatoria interdisciplinare), una “scienza del territorio / dello sviluppo sostenibile” che per essere adeguata deve avere una propria specificità transdisciplinare, dovrà dotarsi di alta autonomia di approccio, per essere capace di superare le settorialità di “territorio dell’economia”, “territorio dell’ecologia”, “territorio dell’amministrazione” e “territorio dell’informatica”.

Il rapporto del mondo della comunicazione con la scuola e con il territorio

Tutti i documenti che, in tema di sviluppo sostenibile, ne precisano contenuti e modalità, richiamano la necessità di una progettualità tendenzialmente unitaria (orientata in termini di senso e finalizzata a governare il cambiamento) e al tempo stesso pensata e gestita da una molteplicità di soggetti. Tra questi si colloca a pieno titolo anche il mondo della scuola. Un rapporto di frequentazione stabile tra mondo della comunicazione, scuola e territorio può rappresentare una grandiosa occasione per tentare l’estremo sforzo per riannodare la saggezza (e le radici, e il territorio) al potere delle immagini e alla unidimensionalità del dato.

In tale prospettiva generale si tratta di assume le attuali radicali innovazioni di ordine telematico ed informatico in un disegno di sostenibilità che non scordi, ed anzi valorizzi come radice e per un progetto di storia “a venire”, il territorio nella sua molteplicità di significati e l’ambiente naturale.

7. SPAZI DI PROGETTUALITÀ ED ESPERIENZE SPERIMENTATE

Riferiamo ora alcune esperienze scelte in quanto ci sono sembrate adatte ad indicare la possibilità di una sperimentare pratica non effimera di alcuni aspetti degli elementi sopra indicati.

L’accesso all’informazione sull’ambiente tramite INTERNET in rapporto alla scuola

L’accesso all’informazione ambientale per i cittadini è un “prerequisito” della sostenibilità e della democratizzazione dell’Unione Europea, ha affermato Ken Collins, già Presidente del Comitato del Parlamento Europeo relativo a Ambiente, Salute e Protezione del Consumatore.

La Direttiva sulla Libertà di accesso all’Informazione Ambientale, adottata dall’Unione Europea nel 1990 e le “Linee guida sull’accesso all’informazione ambientale e sulla partecipazione pubblica alla presa di decisioni in campo ambientale” adottate dalla Conferenza Ministeriale sull’Ambiente di Sofia, dell’ottobre 1995, assicura diritti “passivi” ed “attivi” all’informazione ambientale.

Sono in fase di realizzazione svariate esperienze, alcune certamente di notevole interesse. Resta però ancora da valutare quante di queste sapranno anche raccogliere la sfida dell’interattività e quindi sapranno andare oltre la semplice informazione a senso unico.

Del resto questa auspicata evoluzione in realtà ben si accompagnerebbe all’innovativo principio del governo e dell’amministrazione condivisa, in base alla quale soggetti collettivi – pubblici e privati – e gli stessi cittadini in generale possono cooperare nell’esercizio della funzione di governo, in passato unicamente esercitata dallo Stato.

Citiamo ora un esempio che riguarda la scuola e che, fortunatamente, ci fa ben sperare relativamente al fatto che le amministrazioni pubbliche e i tecnici si pongano il problema della “leggibilità” dell’informazione ambientale: il progetto GLOBE (Global Learning and Observations to Benefit the Environment). Tale iniziativa, nata nell’aprile ’95 per volontà del vice-Presidente USA Al Gore, dopo aver coinvolto alcune centinaia di scuole americane, si sta ora allargando verso realtà di altri paesi, fra cui l’Italia (interessando anche una scuola di Cremona). Questo progetto, se per quanto riguarda i suoi contenuti di attività di Educazione Ambientale si presenta come alquanto essenziale e scontata, desta comunque interesse e affascina proprio per i suoi aspetti comunicativi. L’interesse di GLOBE si trova infatti sia nella natura particolarmente complessa del progetto (questo coinvolge assieme istituzioni scientifiche, organismi pubblici, scuole, soggetti privati …) come nel fatto di giocarsi a scala planetaria e di essere strutturato per rendere fruibili a livello scolastico le informazioni in possesso alla comunità scientifica. Queste, al tempo stesso, vengono integrate con i dati raccolti e scambiati dagli studenti: interessante è il fatto che, grazie ad INTERNET, le varie scuole sparse sul pianeta possono seguire, grazie a sofisticate visualizzazioni computerizzate, il crescere della conoscenza collettiva.

Le esperienze di educazione all’immagine nella scuola e le sperimentazioni di TV interattiva (ITV) per la scuola

In questi ultimi decenni l’educazione e la scuola si sono trovate di fronte ad un mutamento di fondo dovuto al fatto che il soggetto dell’educazione ha una grande esperienza audiovisiva. Ciò ha obbligato il sistema scolastico e gli educatori a un radicale cambiamento di contenuti e di metodo (almeno stando alle parole dette e scritte ….). Ci si è accorti della necessità di passare da un sistema nozionistico, logico, a uno iconico, dinamico e sintetico. Il moderno processo educativo oggi si basa sull’apprendimento della grammatica dell’immagine e sulla formazione del giudizio critico perché la propaganda non prenda il sopravvento sulla funzione critica del recettore.

In Italia però questa trasformazione ha trovato però molti ostacoli: tale processo non è riuscita ad interessare l’intero complesso del sistema formativo, ma si è arrestato alla scuola dell’obbligo. Ci si accontentati più di fruire che di produrre audiovisivi. Inoltre si deve aggiungere che non si è creato un circuito esterno in grado di distribuire i prodotti realizzati dalle scuole (rare e lodevoli eccezioni sono, a livello cremonese, il progetto “Ambiente – Immagine”, promosso dalla Provincia e, a livello regionale, il progetto EXPO SCUOLAMBIENTE, promosso dalla Direzione Generale Tutela Ambientale della Regione Lombardia).

Oggi, da poco tempo, sono state attivate dall’esterno della scuola delle sperimentazioni di TV interattiva (ITV), realizzate in partnership tra emittenza pubblica ed istituzioni scolastiche.

La TV interattiva rappresenta il tentativo di modificare il cd broadcasting televisivo classico – caratterizzato, tra l’altro dalla rigidità della programmazione delle emissioni televisive (palinsesto) – dando la possibilità al telespettatore di interagire con il fornitore del servizio. Le prime sperimentazioni si limitarono a dare la possibilità ai telespettatori di partecipare da casa ai quiz televisivi. Un altro esempio di ITV è il c.d. VOD (Video On Demand), dove è possibile per il cittadino accedere ad una banca dati di film o programmi, scegliendo quello che più aggrada.

Dal gennaio 1996 la RAI (inizialmente attraverso il progetto PICO, progetto matrice dal quale successivamente sono derivati i programmi denominati Mosaico e La scuola in diretta) ha attivato un canale satellitare dedicato ai programmi per le scuole. Nel progetto sono sfruttati in modo integrato quattro diversi media: televisione satellitare, Internet, videoregistratore e giornale. Grazie ad un accordo tra RAI, Ministero PI e Ministero delle Finanze, 5.000 scuole hanno finora ricevuto le strumentazioni necessarie alla ricezione dei programmi inviati via satellite (antenne paraboliche e decoder digitale).

Mosaico si è caratterizzato come progetto di Video On Demand, dove è possibile per le scuole accedere ad una banca dati di programmi (circa 4.000 titoli di unità audiovisive, organizzate in un indice di 27 materie, utilizzabili dalla scuola materna alla media superiore) in tempo differito e, in alcuni casi (grazie ad una sperimentazione che attualmente viene consolidandosi) in tempo reale.

Invece con La scuola in diretta classi e istituti scolastici sono invitati ad entrare negli studi televisivi, portando idee ed esperienze da comunicare alle altre scuole, anche attraverso la presentazione di materiali comunicativi realizzati in proprio. In molte di queste esperienze il tema ambiente è stato l’argomento “forte” e centrale.

Mosaico e La scuola indiretta vanno in onda dal lunedì al venerdì, per un totale di 25 ore di trasmissione, replicate due volte al giorno.

Per quanto riguarda la televisione e l’educazione ambientale, vale la pena ricordare che la Regione Lombardia e la RAI (insieme alle TV di Baviera e Catalogna), con il sostegno dell’Unione Europea, sono impegnate nel progetto VISION. European Young People toward Sustainability, che cercherà di sperimentare nell’anno 2000 alcuni aspetti di ITV. Ci si augura di poter coinvolgere in questa esperienza alcune realtà delle scuole cremonesi che partecipano a questo corso e che già hanno avviato progetti di educazione alla sostenibilità.

8. LE ATTENZIONI PEDAGOGICHE

Riteniamo comunque che, rivolgendoci a docenti, sia doveroso offrire alcuni spunti che esplicitino il nesso tra comunicazione, media e specificità dell’impegno educativo. Suggeriamo quindi alcuni principi a cui riferirsi, ben consapevoli comunque che, proprio in ragione dell’esperienza professionale maturata, ciascuno dei partecipanti al corso abbia comunque molto da dire e proporre.

Successivamente presenteremo, in forma di tabella, una lettura dei rischi connessi all’attivazione di un programma / attività di comunicazione in un progetto di educazione allo sviluppo sostenibile in ambito scolastico nonché un’elencazione possibili misure correttive.

Garantire quelle qualità relazionali che rendono possibile nel gruppo una comunicazione vera

Una comunicazione valida ed un cambiamento costruttivo della personalità avvengono – secondo lo psicologo Rogers – quando in una relazione sono presenti alcune qualità precise: empatia – genuinità – accettazione dell’altro.

“Una sensibile capacità di ascoltare, una profonda soddisfazione nell’essere ascoltati; la capacità di essere più autentici, che a sua volta promuove maggiore autenticità negli altri; e di conseguenza una maggiore libertà nel dare e ricevere amore: questi, nella mia esperienza, sono gli elementi che rendono la comunicazione personale maturante ed arricchente”.

In altri termini, al lavoro di comunicazione esterna deve accompagnarsi la comunicazione interna, in particolare con la preoccupazione di seguire accuratamente le dinamiche di gruppo a livello di classe, in particolare con l’obiettivo di fare in modo di realizzare un prodotto nel quale la classe ci si possa riconoscere come gruppo.

Costruire conoscenza in relazione attiva con la realtà apre alla comunicazione e a nuovi valori estetici

Questa affermazione corrisponde alla realtà della relazione comunicativa che una classe attiva con la comunità locale attraverso la ricerca-azione sul territorio. Questa dinamica può essere deglio chiarita richiamandoci al pensiero del grande pedagogista americano Dewey. Secondo Dewey la condizione umana è caratterizzata dal disagio; da tale iniziale situazione problematica di disadattamento l’uomo può uscire seguendo una determinata tecnica logica e di ricerca. Si deve cercare in primo luogo un programma generico di soluzione (“idea”), che deve essere chiarito nei dettagli attraverso il ragionamento e il linguaggio, provvedendo infine alla sua verifica attraverso l’esperimento. L’esperienza che si realizza produce un nuovo senso di armonia del singolo con il mondo e con la comunità; in questo processo l’arte ha il compito di favorire il migliore adattamento dell’uomo, proponendo nuovi valori estetici strettamente legati alla vita.

Coerenza del messaggio con le “virtù che l’educatore testimonia e propone al gruppo”

L’impegno di operare per lo sviluppo sostenibile, mettendo in atto i meccanismi che disvelano la realtà di corresponsabilità in situazioni di mancata sostenibilità e le potenziali vie di uscita verso la sostenibilità, comporta una dimensione etica, con un richiamo a doveri e virtù che sono indispensabili per la continuità ed l’efficacia del lavoro di educatore.

Paulo Freire così le enumera e precisa

Tensione fra parola e silenzio: “conciliare la parola dell’educatore col silenzio dell’educando, e il silenzio dell’educatore con la parola dell’educando”.

Umiltà: “testimoniare all’educando il rispetto che si ha per lui, per la sua domanda”.

Coerenza: “ci stimola ad accorciare la distanza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo”.

Se il messaggio comunicato non è coerente con le virtù testimoniate dal gruppo, questo rimane inefficace, se non controproducente.

Capacità di dominare le immagini come personaggi

Per don Lorenzo Milani uomo è colui che è padrone della sua lingua. “Questa non fa parte delle necessità professionali, ma delle necessità di vita di ogni uomo, dal primo all’ultimo che si vuol dire uomo”. La via per spezzare le catene di ogni tirannia che il priore di Barbiana indicava ai suoi ragazzi era quella di “dominare le parole come personaggi”. Ovvero, potremmo dire, trovare una relazione dialogica all’interno di una storia. Compito che ancora oggi ci compete, in universo dove il linguaggio che ci tocca dominare è oramai quello delle immagini.

Come strutturare la comunicazione ambientale sulla sostenibilità

Una strategia globale di comunicazione per riorientare l’educazione ambientale dei giovani verso lo sviluppo sostenibile parte da alcuni presupposti.

I giovani sono responsabili dell’ambiente e soggetti di sviluppo sostenibile. Questo non deve essere considerato solo un assunto culturale, ma è una considerazione con specifiche implicazioni operative.

La tutela dell’ambiente è il risultato della sommatoria di attività di comunicazione delle istituzioni e della partecipazione sociale di cittadini, giovani, scuole, aziende …

Creare un’opinione pubblica consapevole è il primo passo per arrivare al cambiamento dei comportamenti, che può essere raggiunto in modo diretto e indiretto.

Il cambiamento diretto comporta la scelta di modificare gli stili di vita rispetto alle scelte concrete di consumo, di organizzazione delle abitudini di vita e dei comportamenti che danno soddisfazione ai nostri bisogni.

Il cambiamento indiretto si ottiene esprimendo sostegno nei confronti di piattaforme di tipo generale, concernenti cambiamenti strutturali nei processi di produzione e consumo. In questo caso lo strumento di lavoro è più di tipo politico che educativo e l’azione si concentra sull’allargamento del sostegno dei vari target-group rispetto a tale piattaforma che esplicita i contenuti delle politiche ambientali proposte.

Inoltre, secondo la CSD e l’UNESCO, “la comunicazione deve essere vista come un processo interattivo di lungo termine strategicamente rivolto a specifici gruppi e audiences” (ibidem).

Il mondo della scuola partecipa e contribuisce in ciascuno di questi due ambiti, anche se – ovviamente – non può essere l’unico protagonista di un processo che ha comunque implicazioni generali verso tutti i soggetti.

I contenuti di una strategia per comunicare la sostenibilità

La connessione tra aspetti soggettivi e dati reali, tra educazione e informazione sembra essere proprio il cuore della comunicazione ambientale. Pensiamo che la più adeguata chiave di lettura della relazione comunicazione / sostenibilità sia rappresentata dal concetto di comunicazione inteso come strumento per arrivare alla creazione di una diffusa cultura ecologica e dello sviluppo sostenibile attraverso una organica strategia di connessione tra realtà e immagine, dati ed emozioni, esperienze e storie locali e quadro globale, linguaggio scientifico e comunicazione simbolica.

Essenziale è lo sviluppo di concrete modalità relative a come portare l’ecologia ad essere un (pubblico e privato) valore per i giovani e per la comunità; “la soluzione concreta – proseguono UNESCO e CSD – può essere trovata solo educando il pubblico sui “fatti della vita” attinenti all’ambiente e allo sviluppo” (ibidem).

Solo quando un’esperienza è diffusa e riconosciuta da coloro che la realizzano e da coloro che ne sono informati, il criterio che la ispira può diventare un valore condiviso. Comunicazione ecologica, vista come diffusione di cultura, significa diffusione della consapevolezza a partire dall’esperienza. E proprio l’esperienza, quando ha carattere di intensità tale da arrivare a rivestirsi di una “estetica dell’ecologia quotidiana” che riguarda la vita di ciascuno di noi e si realizza in qualsiasi luogo, si può dire – riprendendo il cardinale Martini – sia all’altezza di contribuire (magari per piccoli passi e gesti) a salvare il mondo.

Costruire e narrare esperienze positive (Succes Stories)

Parlare insieme di pedagogia dell’esperienza e di pedagogia narrativa significa partire da bisogni emergenti nel sociale per impostare su questi azioni e gesti, che siano non tanto risposta risolutiva, in sé, quanto piuttosto immagini capaci di parlare sul futuro, a partire da una sensibilità o bisogno che già oggi si esprime.

Per i giovani che tendono a porsi ai margini del mondo adulto ed a provare e provarsi nei diversi modelli che questo propone, potrebbe essere questa una possibilità reale, lo spazio di testimonianze capaci di definirsi come proposta educativa che mette (e si mette) in discussione. Quando parliamo di “procedere per immagini”, intendiamo sollecitare la costruzione di esperienze che siano facilmente trasferibili – come comunicazione, come suggestione – in un universo sociale oramai esemplato dall’immagine. Nella società dell’immagine, insomma, si propone, per questa via, l’immagine come strumento efficace; di questa si tratta di recepire e sottolineare l’effetto dimostrativo: l’incidenza per suggestione e l’attivazione conseguente di comportamenti analoghi.

Descriviamo e diffondiamo quindi esperienze e storie sullo sviluppo sostenibile realizzate da bambini, giovani e scuole. Oggi appare evidente che i giovani rifuggono da discussioni o parole fini a sé stesse ma apprezzano il coinvolgimento nell’ideare e nel realizzare programmi concreti per una scuola e per un territorio sostenibili. La nostra comunicazione dovrà quindi mostrare prodotti nei quali si concretizzino i contenuti dei progetti ideati e realizzati dai giovani – in proprio o con il sostegno della scuola o (ancora meglio) come attività scolastica “ufficiale”. Poco per volta, sulla base di queste sperimentazioni, si dovrà arrivare a codificare quelle che sono le vie migliori per coinvolgere nella scommessa dello sviluppo sostenibile insegnanti e studenti nelle scuole, centri ambientali, associazioni giovanili e giovani in ambito extra – scolastico.

Un gruppo attivo che si pone il problema di come comunicare il suo impegno ha la grande possibilità di poter condividere e far condividere su questi temi anche la dimensione del sogno. L’arte aiuterà a dare corpo ai sogni. A tale fine si dovrà usare un ampio raggio di stili e forme artistiche, incoraggiare le capacità immaginative, emozionali ed intellettuali dei giovani. In questo ambito potranno rientrare performances teatrali, spot autoprodotti, video clips e altro come diretta espressione dell’esigenza etica ed emotiva dei giovani di una diversa relazione con l’ambiente.

ASPETTI ED ELEMENTI ORGANIZZATIVI DELLA COMUNICAZIONE ESTERNA

A livello di comunicazione esterna, vediamo ora alcune caratteristiche e strumenti, precisando che, realisticamente, l’oggetto che si potrebbe prevedere di realizzare sia uno o più specifici prodotti di comunicazione come piuttosto – dove le condizioni fossero mature – qualcosa di più ambizioso, che si avvicini invece ad un piano / programma di comunicazione in tema di sostenibilità.

In questa seconda direzione la scelta più adeguata da parte della scuola potrebbe essere dare l’adesione ad uno sforzo più complessivo della comunità locale per comunicare il percorso elaborativo ed attuativo dell’Agenda Locale 21.

A riguardo ricordiamo che l’Agenda Locale 21 è quel processo attraverso il quale le autorità locali collaborano con i settori della società civile per redigere e attuare piani d’azione per la realizzazione della sostenibilità in una determinata comunità e territorio.

Il processo dell’Agenda Locale 21 comporta che l’Ente Locale consulti e coinvolga sistematicamente nel progetto le diverse componenti della comunità locale, tra le quali la scuola, prevedendo l’attivazione di svariate azioni per la collettività gestite in ottica di amministrazione condivisa. Più avanti preciseremo questa connessione tra azioni di politica e amministrazione locale per l’attuazione dell’AL21 e azioni, anche comunicative, realizzabili a livello scolastico.

Comunque, sia che si operi per realizzare singoli specifici prodotti comunicativi piuttosto che per spendersi in un’ottica più ampia di piano della comunicazione, è in ogni caso opportuno richiamare alcuni necessari presupposti generali. Tale chiarezza è necessaria al fine di evitare scelte preliminari errate che pregiudicherebbero l’intero progetto di comunicazione, riducendolo a livello di banale pseudocomunicazione.

Sappiamo che il linguaggio riflette sia la personalità dell’individuo sia la cultura della sua società, e, a sua volta, influisce sulla formazione dell’una e dell’altra. Il linguaggio rende possibile il sorgere e la trasmissione della cultura, la continuità della società, e l’efficace funzionamento e controllo dei gruppi sociali. Nella società post-moderna vengono a crearsi linguaggi speciali, specialistici, generazionali, ecc., definendo così il linguaggio di un gruppo all’interno di una più vasta comunità che riflette le funzioni di quel gruppo e che differisce, in un certo grado, dal linguaggio della più vasta comunità. Si ha pseudocomunicazione quando in una situazione si produce un mancato apprendimento dei significati di una comunicazione così come è intesa da un’altra persona, gruppo …

Per evitare di cadere nella pseudocomunicazione, è necessario chiarire preliminarmente i seguenti aspetti della comunicazione esterna.

Sviluppare la capacità di ascolto. Il programma di comunicazione dovrà quindi riuscire a incrociare il bisogno di espressione delle istanze dei giovani studenti con l’attenzione a relazionarsi con il territorio a partire da quei problemi che toccano il livello locale.

Definire gli obiettivi che ci si pone nella relazione con la realtà esterna, distinguendo tra

Informazione / conoscenza del progetto attivato dalla classe;

Coinvolgimento degli interlocutori esterni nel progetto.

Individuare il livello rispetto al quale si intende operare, scegliendo con precisione quelli che saranno gli interlocutori esterni del gruppo-classe. Ad esempio:

Altre classi dell’istituto scolastico

Genitori

Territorio locale

Altri interlocutori fuori dal territorio

Avere in mente un repertorio di attivita’ realizzabili, anche sulla base delle risorse e delle collaborazioni, come:

Inserto nel giornalino scolastico o comunale

Rappresentazione / festa promossa dalla scuola

Presenza della scuola a festa del quartiere

Avere chiaro la necessità di doversi impegnare per ottenere che l’ente locale si impegni a sostenere e organizzare uno stabile spazio pubblico di confronto (segreteria sociale, archivio, presenza in INTERNET, ecc).

E’ possibile ora elencare quelle che sono le attivita’ e i prodotti di comunicazione ambientale realizzabili anche in ambito scolastico (Tabella B)

Per evitare i limiti dell’episodicità, la scuola – come si è detto – potrebbe dotarsi di un piano di comunicazione esterna verso la sostenibilità, costruito e attuato all’interno del suo impegno finalizzato a contribuire al processo di elaborazione e gestione dell’AL 21.

Vediamo come questo piano potrebbe specificarsi in relazione alle diverse fasi del processo di attuazione dell’AL21.

Attivazione del Forum – Il Forum riunisce i soggetti coinvolti localmente e orienta il processo di elaborazione dell’AL21 (attuando anche il monitoraggio dell’applicazione).

La scuola si muove in questa fase costruendo un accordo con l’Ente Locale e attivandosi per predisporre un progetto educativo di istituto. L’attività di comunicazione è quindi soprattutto di tipo interno, finalizzata in particolare ad una adeguata informazione e attivazione del corpo docente.

Il Forum attiva la consultazione permanente della società civile – In questo modo, nell’ambito della comunità locale vengono individuati bisogni, definite risorse, sono anche focalizzati potenziali conflitti tra interessi diversi

La scuola partecipa alla consultazione, in particolare presentando gli specifici progetti sviluppati a livello delle singole classi. L’attività di comunicazione è finalizzata a tradurre in forma comunicativa i progetti della scuola e nel presentarli per la prima volta all’esterno, cioè al Forum.

Audit urbano – Redazione Rapporto sullo stato dell’ambiente – Il Forum e le strutture dell’ente locale attuano e coordinano la raccolta dei dati di base sull’ambiente fisico, sociale ed economico. Viene costruito, attraverso indicatori ambientali, il rapporto sullo stato dell’ambiente.

La scuola collabora alla raccolta dati, avendo particolare attenzione a cogliere la specificità dei comportamenti ambientali di bambini e ragazzi. Le classi predispongono specifici report, utilizzando i linguaggi comunicativi ritenuti più adeguati.

Definizione degli obiettivi – Stesura Piano di azione ambientale – Vengono individuati obiettivi, che sono legati a precise scadenze temporali

La scuola, in stretto rapporto con gli organismi collegiali dei genitori, contribuisce alla elaborazione degli obiettivi, sulla base del lavoro svolto e di possibili contributi dei genitori. La comunicazione della scuola è finalizzata quindi a stimolare la partecipazione delle famiglie attraverso messaggi mirati.

Attivazione programma – Il programma è volto a migliorare le condizioni ambientali e la qualità della vita dei cittadini. Prevede la realizzazione di azioni concrete necessarie per raggiungere gli obiettivi, individuando attori e risorse finanziarie.

La scuola interviene proponendo l’articolazione di azioni specifiche da attivare specificamente in ambito scolastico (scuola sostenibile) o nel territorio, in questo caso la scuola si qualifica come parte attiva inserita nella comunità locale.

L’attività di comunicazione è coerente con la natura delle azioni che si intende attuare, ma in ogni caso questa risulta in gran parte rivolta all’esterno, con un grande lavoro di pubbliche relazioni (contatti con giornalisti, istituzioni, ecc.).

Attività di reporting ambientale – Forum ed ente locale attivano e mantengono attive nel tempo procedure di controllo permanente sull’attuazione e sull’efficacia del piano di azione.

La scuola attua la valutazione formativa delle esperienze. A livello di prodotti realizzati e processi sviluppati. Il tutto deve trovare formalizzazione in qualche contenitore atto a mantenere la memoria dell’esperienza e a scambiarla con tutti gli interessati (vedi la proposta precedentemente presentata di chiedere all’ente locale di organizzare uno stabile spazio pubblico di confronto (segreteria sociale, archivio, presenza sito World Wide Web in INTERNET, ecc).

BIBLIOGRAFIA

Mass Media

MC LUHAN M., Gli strumenti del comunicare, 1964. Con la sovrapposizione del mezzo al messaggio – non ha più effetto quel che si comunica ma come lo si comunica

MCQUAIL D., Sociologia delle comunicazioni di massa, 1969. Il moltiplicarsi dei messaggi e la loro eterogeneità creano indifferenza piuttosto che consentire maggior libertà al fruitore

KLAPPER J.T., Gli effetti delle comunicazioni di massa, 1960. I media come potente fattore di cambiamento e di modernizzazione della cultura, del costume, nonché della personalità e del carattere sociale.

BACHELLONI G., La macchina culturale in Italia, 1975. Con lo sviluppo tecnologico, le comunicazioni di massa possono perdere il proprio carattere autoritario abilitando il loro pubblico a farsi produttore oltre che recettore di messaggi e aumentando la sua capacità di selezione

Pubblicità

PACKARD V., I persuasori occulti, 1957. Un’indagine – datata ma certamente non superata, relativa ai meccanismi di condizionamento operanti nella pubblicità – che ormai rappresenta un classico nel suo genere.

New Media

BETTETINI G., Il segno dell’informatica, 1987. Sviluppa alcune delle prime teorie semiotiche sulle nuove tecnologie della comunicazione.

VIRILIO P., La macchina che vede, 1988. Una delle più pregnanti analisi critiche dell’autore che per primo ha messo in luce i rischi connessi all’utilizzo acritico della realtà virtuale.

LEVY P., L’intelligenza collettiva, 1994. L’autore presenta la sua omonima teoria fondativa di una antropologia dello spazio della pura informazione (cyberspace).

NEGROPONTE N., Essere digitali, 1995. A partire dalle modalità tecnologiche di funzionamento dei nuovi computer, l’autore delinea l’immagine della nuova “era digitale”.

BETTETINI G., L’audiovisivo, 1996. L’autore vede la possibilità che, con l’avvento delle nuove tecnologie, il fruitore di un testo possa diventare “coautore”.

D.de KERCKHOVE, L’intelligenza connettiva, 1997. L’autore definisce “intelligenza connettiva” quel flusso energetico unitario che promana dal lavorare insieme in rete, come se si fosse all’interno di un sistema biologico unitario.

MALDONADO T., Critica della ragione informatica, 1997. Un approccio alle nuove tecnologie giocato sul “principio di precauzione”.

Manuali su Mass Media e New Media

AA.VV., Dizionario di telecomunicazioni e telematica, Italtel-Mondadori, Milano, 1984.

AA.VV., Nuove dimensioni televisive, Eri/Edizioni RAI Radiotelevisione Italiana, Torino, 1984.

GARASSINI S., Dizionario dei New Media, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1999.

Comunicazione e relazione interpersonale

AA.VV., Pragmatica della comunicazione umana, 1967. Un analisi che mette in luce le modalità dei meccanismi interattivi tra individui ed anche individua procedimenti comportamentali che consentono di modificarli.

R.ROGERS C., Un modo di essere, 1980. Approccio alla vita “centrato-sulla-persona” e descrizione del tipo di persona che potrà vivere nell’era di drammatici cambiamenti che si è ormai aperta.

K.LISS J., La comunicazione ecologica, 1992. Un manuale per la gestione dei gruppi di cambiamento sociale; la sua concretezza lo rende molto utile.

Educazione ambientale, comunicazione e animazione dei giovani

ALBANESE R., Educare all’ecologia i gruppi giovanili, in Note di pastorale giovanile, ottobre 1986. Riflessione sulla metodologia di coinvolgimento e responsabilizzazione dei gruppi giovanili sui temi dell’ambiente

ALBANESE R., Animazione ecologica, in ELLENA G.A. (a cura di), Manuale di Animazione Socioculturale, Edizioni Gruppo Abele, 1989. Le opportunità offerte dall’animazione per educare all’ambiente.

K.JACOBSON, Communication Skills for Conservation Professionals, 1999. Modelli ed esperienze di comunicazione, strutturati per tipologie di intervento.

HAZARDOUS MATERIALS TRAINING AND RESEARCH INSTITUTE, Communication Skills for the Environmental Technician, 1999. La gestione dei rischi tecnologici in chiave di comunicazione.

C.MONROE M., What Works: A Guide to Environmental Education and Communication Projects for Practitioners and Donors (Education for Sustainability Series), 1999. Modelli ed esperienze adottate in varie parti del mondo per educare all’ambiente e alla sostenibilità.

LEAL FILHO W. – TAHIR F., Distance Education and Environmental Education, 1998. Modelli ed esperienze adottate in varie parti del mondo per educare all’ambiente utilizzando i Nuovi Media.

STRAUSS S., The Passionate Fact: Storytelling in Natural History and Cultural Interpretation (Environmental Communication), 1999. La narrazione come strumento di Educazione Ambientale.

CREMONA, 13 gennaio 2000

Continua a leggere

Educare nelle scuole allo sviluppo sostenibile per progetti

Educare nella scuola allo sviluppo sostenibile per progetti
di Roberto Albanese

Le caratteristiche dell’educazione per progetti riportate in tema di educazione allo sviluppo sostenibile, anche con riferimento alla tematica dell’Agenda 21 Locale.

Continua a leggere

Mobilità sostenibile

Dalla constatazione degli effetti negativi del traffico urbano automobilistico e dalla previsione di ulteriore crescita futura della domanda di mobilità urbana deriva la necessità di adottare urgentemente una strategia integrata di intervento per la disincentivazione del trasporto privato e il miglioramento dell’offerta di trasporto collettivo.

Indice:

  • Gli effetti negativi del traffico urbano automobilistico
  • La strategia di intervento per una mobilità sostenibile
  • Il Mobility Management
  • Per una mobilità sostenibile
  • Cos’è il carpooling
  • Progetto di servizio carpooling attuato attraverso i nuovi media
  • Il ruolo dei Comuni

Gli effetti negativi del traffico urbano automobilistico
Il traffico urbano automobilistico produce effetti negativi che, nel loro insieme, costituiscono forse la più rilevante emergenza delle aree urbane nazionali ed europee. La tabella seguente li riassume in modo schematico.

Le previsioni indicano una crescita della domanda di mobilità urbana nei prossimi anni del 1-2% il che significa che, in assenza di decisi interventi correttivi, la situazione è destinata solo a peggiorare.

Effetti negativi del traffico urbano automobilistico (Tabella)

Inquinamento atmosferico da monossido di carbonio, ossidi di azoto, benzene, articolato (PM10)
Recenti stime dell’OMS indicano, ad esempio, che il solo PM10 è responsabile a livello europeo di circa 80.000 morti annue
Inquinamento acustico Stime OMS indicano che oltre il 90% della popolazione è esposta per la maggior parte del tempo, a causa del traffico, a rumori di intensità superiore a 55 dB e circa il 27% ad intensità superiori a 75 dB.
Incidenti Recenti statistiche ISTAT indicano che oltre il 70% di questi avviene in ambito urbano con oltre il 40% dei morti a livello nazionale (con 2.500 morti all’anno, principalmente pedoni, ciclisti e motociclisti) ed il 70% dei feriti (circa 180.000 all’anno)
Danni paesaggistici Circa il 15% del territorio è occupato da strade e parcheggi
Danni sociali Strade e parcheggi creano un effetto barriera fra le varie zone urbane che, associato all’assenza di trasporti collettivi adeguati, limita l’accessibilità a servizi e territorio ad alcune categorie sociali non autosufficienti (anziani, bambini, portatori di handicap, non possessori di autovettura)
Inefficienza tecnico economica derivante dalla congestione La perdita di tempo da traffico è stata stimata da studi condotti a livello europeo in circa il 2% del PIL

La strategia di intervento per una mobilità sostenibile

E’ quindi inevitabile predisporre urgentemente una strategia di intervento che preveda insieme la disincentivazione del trasporto privato e il miglioramento dell’offerta di trasporto collettivo, su gomma e soprattutto su ferro.

Questa strategia per una mobilità sostenibile richiede, più in generale, una programmazione globale del territorio (urbanistica, ambientale, energetica …) insieme ad un nuovo approccio organizzativo del tema della mobilità, attraverso il c.d. Mobility Management, senza trascurare l’attivazione di progetti dimostrativi di condivisione del mezzo di trasporto automobilistico (carsharing e carpooling) e altre soluzioni, come il taxi collettivo in ambito urbano.

Se i provvedimenti basati su prescrizioni costrittive sono inapplicabili, inefficaci e quindi talora controproducenti, notiamo d’altronde il proliferare da parte pubblica di “studi” dagli incerti contorni e dai tempi biblici e di campagne di sensibilizzazione del tutto generiche e che quindi si rivelano poi come iniziative meramente di facciata e di immagine.

Purtroppo siamo quindi ancora ben lontani dal disporre di adeguate strategie di promozione adeguate, ovverosia capaci di incidere sui comportamenti individuali e collettivi perché basate sulla comunicazione concreta di come l’ente pubblico agisca per modificare le condizioni strutturali della mobilità urbana in chiave di sostenibilità, tenendo aperto un rapporto di dialogo con i cittadini.

Ben vengano quindi tutte quelle iniziative finalizzate ad utilizzare in tal senso le opportunità di informazione mirata e di interazione offerte dai nuovi media.

Quindi, se è di tuo interesse conoscere un’interessante esperienza che cerca di andare in tale direzione, ti suggeriamo di visitare la nostra pagina WEB che parla del progetto carpooling.

Il Mobility Management (Scheda)

Il Mobility Management è un approccio orientato alla gestione della domanda di mobilità, in particolare per gli spostamenti sistematici casa-lavoro, sviluppando concetti e strategie volti ad assicurare la mobilità delle persone in modo efficiente basandosi sull’informazione, la comunicazione, il coordinamento e l’organizzazione.

Questi concetti sono stati ripresi dalla normativa italiana con il “Decreto Ronchi” sulla mobilità sostenibile nelle aree urbane emanato il 27 marzo 1998. Il provvedimento in particolare propone che tutte le aziende e gli enti pubblici con più di 300 dipendenti per unità locale e le imprese con complessivamente oltre 800 dipendenti debbano identificare un Mobility Manager che ottimizzi gli spostamenti sistematici dei dipendenti riducendo l’uso dell’auto privata e adottino il Piano degli spostamenti casa-lavoro.

Tale piano è un documento direttivo che include servizi e attività di mobility management, nonché la loro implementazione. Esso è lo strumento di base a livello aziendale avente l’obiettivo di ridurre la dipendenza dall’auto privata, ma può anche essere concepito come un piano per un determinato quartiere o per un certo gruppo target dell’intera città, oppure per una zona industriale o commerciale.

Un piano della mobilità richiede sforzi di coordinamento e consultazione con imprenditori / dipendenti, aziende di trasporti, autorità locali, cittadini, ecc. E’ importante guadagnare consensi tra i soggetti coinvolti dal piano della mobilità e consultarsi con tutti per assicurare che le misure selezionate abbiano il più ampio supporto possibile. Lo stesso decreto propone l’istituzione presso l’Ufficio Tecnico del Traffico, o presso il servizio cui è stato affidato l’incarico di attuare il piano del traffico, di una struttura di supporto e coordinamento dei responsabili della mobilità aziendale, che mantenga i collegamenti con gli uffici comunali e le aziende di trasporto.

Per una mobilità sostenibile
Dalla constatazione degli effetti negativi del traffico urbano automobilistico e dalla previsione di ulteriore crescita futura della domanda di mobilità urbana deriva la necessità di adottare urgentemente una strategia per una mobilità sostenibile, che integri azioni per la disincentivazione del trasporto privato e interventi di miglioramento dell’offerta di trasporto collettivo.

Il miglioramento dell’offerta di trasporto collettivo deve passare sia attraverso il potenziamento delle infrastrutture ma può al tempo stesso valersi dell’introduzione di una gamma di servizi di trasporto diffusi sul territorio che richiedono investimenti bassi e consentono un completamento e un’integrazione del trasporto pubblico.

Cos’è il carpooling

Attualmente le nostre strade sono popolate da automobilisti che, in numero sempre maggiore, percorre, senza esserne a conoscenza, lo stesso tragitto di altri, ad esempio per accompagnare i propri figli a scuola oppure per recarsi sul posto di lavoro. Spesso in tali spostamenti si valicano anche i confini della propria città.

Questa realtà appesantisce il traffico urbano automobilistico, contribuendo ad aggravarne gli effetti negativi che, nel loro insieme, costituiscono forse la più rilevante emergenza delle aree urbane nazionali ed europee.

Qui si inserisce la proposta carpooling, che prevede che gli spostamenti su mezzo privato possano essere effettuati da equipaggi che condividono uno stesso veicolo, contribuendo di conseguenza ad una riduzione del traffico stradale. Non è solo una proposta teorica, in quanto il carpooling ha avuto un’ampia e positiva sperimentazione negli USA (in particolare in California).

Il progetto che qui viene presentato si propone di dare una soluzione mirata ad alcuni aspetti problematici relativi alla mobilità veicolare nel territorio nazionale, mettendo in contatto fra loro tutti quei cittadini, automobilisti e non, che appunto percorrono lo stesso tragitto nella medesima ora.

I benefici derivanti dall’attuazione di un progetto di questo tipo sono sostanzialmente quattro:

riduzione del traffico;

risparmio economico;

benefici per l’ambiente;

benefici per la salute.

Progetto di servizio carpooling attuato attraverso i nuovi media

Si può così delineare un progetto di attuazione del servizio di carpooling da fornire ai cittadini imperniato sull’uso di un sito Internet in abbinamento con sistemi telefonici SMS (attivabili dal sito) e call center (forniti dai comuni). Tale progetto è stato ideato dalla società Shena digital 2 human di Brescia, che ringraziamo per averci fornito le informazioni qui riportate.

Il sito consente di indicare quali sono i percorsi abituali effettuati, indicandone la frequenza e l’orario. A fronte delle indicazioni date, costituisce gli equipaggi notificando a chi offre il proprio mezzo quali sono i possibili passeggeri. A questi ultimi verrà invece notificata l’avvenuta formazione dell’equipaggio e degli orari stabiliti; il tutto tramite sms oppure eMail.

I percorsi possibili si riferiscono sia a quelli cittadini, utili per gli spostamenti casa-ufficio o casa-scuola, che autostradali tra città e città. Lo stesso utente può offrirsi di fornire un passaggio su un certo percorso e richiedere nel contempo un passaggio su un altro percorso, ovviamente in orari diversi; ad esempio può offrire un passaggio tutti i giorni lavorativi per il percorso Brescia-Milano tramite l’autostrada A4 e richiedere un passaggio , sempre tutti i giorni lavorativi, dal parcheggio di Cascina Gobba di Milano fino a piazza Dante.

Rivolgendosi a tale via eMail a llongoni@shena.it si potranno ricevere ulteriori informazioni sul progetto.

Il ruolo dei Comuni

L’azione proposta è in fondo una concretizzazione operativa del concetto del c.d. Mobility Management, cioè di quel approccio orientato alla gestione della domanda di mobilità, in particolare per gli spostamenti sistematici casa-lavoro, sviluppando concetti e strategie volti ad assicurare la mobilità delle persone in modo efficiente basandosi sull’informazione, la comunicazione, il coordinamento e l’organizzazione.

In questa prospettiva, che in Italia è diventata anche normativa con l’adozione del decreto 27 marzo 1998 sulla mobilità sostenibile delle aree urbane, il ruolo dei Comuni è certamente molto importante.

E’ a questi che si rivolge il progetto elaborato da Shena. In particolare la proposta prevede di “montare” un’operazione che coinvolga in prima battuta i comuni della tratta autostradale A4 Verona – Brescia – Bergamo – Milano.

In un secondo momento si attiverà l’azione sui comuni limitrofi con l’inserimento (a seguire dalle adesioni) delle mappe apposite.

Operativamente ai comuni verrebbe richiesto di svolgere le seguenti attività:

1. promozione del servizio;

2. proporre incentivazioni (parcheggi e punti di incontro per chi aderisce);

3. fornire la certificazione degli utenti iscritti (da definire il modo) per questioni di sicurezza;

4. coinvolgere le aziende residenti nel territorio di competenza con più di 300 dipendenti;

5. coinvolgere i comuni limitrofi.

Continua a leggere