settembre 23, 2009
Storia della minoranza italiana in Slovenia e Croazia (Istria)
L’Istria e la minoranza italiana in Slovenia e Croazia
La storia della bioregione Istria parla di convivenza fra diverse etnie fino all’affermarsi delle spinte nazionaliste verso la metà del XIX secolo. La possibilità e l’auspicio che una nuova stagione di convivenza collocata nel contesto di una euroregione Istria chiuda definitivamente il secolo della contrapposizione etnica.
Indice:
- Premessa
- Cenni geografici
- Storia e vicende politiche
- Le vicende etniche dall’età romana alla metà del secolo XIX
- La fase del conflitto etnico
- La prospettiva di una stretta cooperazione europea transfrontaliera: per una Euroregione Istria
BIBLIOGRAFIA:
AA.VV., Le minoranze nell’ambito dell’Alpe Adria, Alpe Adria, Trieste, 1991.
AA.VV., Tabor “Repentabor 90”, Gorica / Gorizia, 1991.
DARKO DAROVEC, Rassegna di storia istriana, Biblioteca Annales, Capodistria, 1993.
AA.VV., La minoranze nell’area di Alpe Adria, Alpe Adria, Ljubljana, 1994.
LINKS:
La minoranza etnica slovena in Italia
Unione Italiani
Quotidiano in lingua italiana La Voce del Popolo
Premessa
Gli italiani d’Istria sono un gruppo etnico di piccole dimensioni ma che si caratterizza per il fatto di aver attraversato vicende storiche travagliate e di vivere oggi in un contesto segnato da un processo di transizione alla democrazia collocato nell’assetto di due giovani stati, la Croazia e la Slovenia. Numericamente ci riferiamo (comprendendo anche i territori limitrofi del Quarnero e della Dalmazia) a circa 30 mila persone che, come questa scheda vuole spiegare, vivono in un ambiente come quello istriano che – malgrado le diverse forzature storicamente subite – è sempre stato plurietnico e multiculturale.
Cenni geografici
L’Istria si definisce geograficamente come una penisola dell’Europa sudorientale di 3.895 km2 di superficie che si proietta nel mare Adriatico tra il golfo di Trieste a ovest e quello di Fiume ad est. La parte interna è collinare mentre le coste sono alte e rocciose, solcate anche da grandi valloni invasi dal mare.
Stemma dell’Istria
Il clima è mediterraneo sulla costa ma sull’interno assume caratteri più continentali. Ha comunque una sua unitarietà geo-ambientale che la può definire come una specifica “bioregione”.
I centri urbani più significativi sono Pola, Rovigno, Parenzo, Pirano, Capodistria. Come già detto, si calcola che oggi in Istria gli appartenenti al gruppo etnico italiano siano circa 30.000, di cui più dell’80% residente in Croazia e il restante in Slovenia.
Storia e vicende politiche
I primi abitanti dell’Istria di cui si abbiano notizie certe sono gli Histri, popolazione illirico – celta che i Romani sconfissero e sottomisero nel 178 a.C. Nel 476 d.C. a questi subentrarono i Goti, seguiti poi (nel 539) dai Bizantini e successivamente dai Franchi (788).
All’epoca degli imperatori germanici del Sacro Romano Impero la regione fu incorporata in differenti entità politico-amministrative, principati e contee, fino a divenire a sua volta margraviato autonomo verso il 1060. All’epoca signori dell’Istria erano i Patriarchi di Aquileia; questa fase durò fino al 1420, quando subentrò l’influenza e poi il controllo della Repubblica di Venezia. Tuttavia la parte centrale della penisola – la c.d. Contea di Pazin – restò sotto la dominazione degli Asburgo dal 1374 alla caduta di Venezia nel 1797.
Il periodo napoleonico, che introdusse importanti cambiamenti in ambito sociale ed amministrativo, comportò per l’Istria il passaggio per più di un secolo (dal 1797 al 1806 e dal 1813 al 1918) sotto il dominio austriaco.
Dopo la prima Guerra Mondiale l’Istria diventa territorio dello stato italiano; in conseguenza della seconda Guerra Mondiale l’Italia perde però questo territorio a favore della Jugoslavia.
Oggi l’Istria è divisa tra tre differenti stati: Italia, Slovenia e Croazia. Infatti nei confini italiani è restata una parte sia pure molto piccola (i comuni di Muggia e S.Dorligo, a ridosso di Trieste); fanno invece parte della Repubblica di Slovenia i territori di Capodistria, Izola, Pirano, Podgrad, mentre tutto il resto della penisola rientra sotto la sovranità della Repubblica di Croazia.
Le vicende etniche dall’età romana alla metà del secolo XIX
La storia dell’Istria è caratterizzata per i numerosi cambiamenti etnici, dettati dagli avvenimenti politici ed economici. I quasi sette secoli di dominazione romana hanno comportato la colonizzazione costante della penisola, con il trasferimento di popolazione da altre regioni italiche ai nuovi territori via via conquistati dall’espansionismo romano. Così la popolazione autoctona dell’Istria fu completamente romanizzata.
Un altro cambiamento etnico, decisivo per l’Istria, è stato l’arrivo degli Slavi nei Balcani nel VI secolo. Nei secoli seguenti gli Slavi hanno infatti scacciato la popolazione romana, che però ha continuato comunque ad aumentare per l’arrivo di altri immigrati dalle regioni italiche.
Altri fenomeni di rimescolamento etnico sono stati rappresentati dall’arrivo di popolazioni in fuga davanti al Turchi e alle necessità di difesa da questa minaccia proveniente dall’Est.
Oltre alle guerre, malattie endemiche ed epidemie hanno inciso pesantemente sull’andamento demografico dei vari gruppi etnici presenti nella penisola istriana.
Nel 1681 lo storico Prospero Petronio scrisse una interessante descrizione del pluralismo etnico che caratterizzava allora la regione. Questa analisi distingue nel modo seguente i gruppi etnici presenti in Istria:
Slavi, contadini dei villaggi interni, descritti come “popoli forti et atti alle fatiche”.
Carni e Friulani, artigiani dediti alla lavorazione della lana e ad altri lavori manuali.
Gente “di Grado”, ovvero persone che da questa località d’origine si erano trasferiti nei centri costieri istriani, dove svolgevano l’attività della pesca. Da questi era derivato anche un ceto di commercianti arricchitisi.
“Abitanti nuovi”, venuti dall’Albania e da altre regioni occupate dai Turchi, come i Morlacchi, ovvero una popolazione nomade di valacchi slavizzatisi provenienti dalla Dalmazia e dall’Albania e arrivati in Istria perché portati dai veneziani.
“Indigeni”, ovvero gente la cui radice non superava i 200 anni; si trattava in particolare di immigrati fiorentini, bergamaschi e veneziani.
La fase del conflitto etnico
Fino alla metà dell’ ‘800 era coscienza diffusa tra la gente un senso di appartenenza regionale ad un territorio comune rappresentato dall’Istria; successivamente i movimenti politici dell’irredentismo e del panslavismo, con il loro assolutizzare l’elemento etnico all’interno della dimensione dello stato nazionale, riuscirono a soppiantare questa cultura di convivenza e tolleranza.
Evoluzione della toponomastica a Pirano (Istria slovena).
Il gruppo etnico italiano, concentrato nei centri artigianali e commerciali, era divenuto maggioranza nella parte costiera e tendenzialmente egemone sul resto del territorio legato invece all’attività agricola. Si crearono così differenze patrimoniali e culturali tra Italiani e popolazioni slave, slovene e croate, che in ragione dello sviluppo delle vicende politiche del secolo XIX e XX furono il presupposto dell’esplodere dei nazionalismi e di odi tra etnie. L’idea che l’alta cultura e la civiltà italiana davano a questi il diritto di assimilare altri popoli fu poi praticata sistematicamente durante il fascismo attraverso la politica totalitaria mononazionale messa in pratica dal regime. Nel 1923 viene italianizzata la toponomastica e nel 1927 i cognomi slavi hanno la stessa fine. Sempre in quegli anni viene vietata l’attività di associazioni e società slovene e croate. Venne allora organizzandosi una resistenza clandestina, anche armata, che subì una dura repressione che non disdegnò di ricorrere anche a pene capitali.
L’occupazione nazifascista con le sue violenze non poteva che approfondire il solco tra le etnie, anche se la resistenza antifascista vide l’adesione della popolazione di tutte e tre le nazionalità.
Ciò non di meno la popolazione italiana fu oggetto di persecuzioni e di esecuzioni sommarie, anche di massa, da parte delle formazioni partigiane jugoslave. Dal 1942 inoltre funzionava un comitato speciale che si dedicava specificatamente alla migrazione forzata dei presunti oppositori e alla confisca dei loro beni. Del resto, a conclusione del conflitto, in Jugoslavia per alcuni anni funzionarono sempre commissioni di epurazione che colpivano l’elemento italiano ma anche tutti i dissidenti in genere.
Dal 1945 il destino dell’Istria fu al centro di una lotta diplomatica particolarmente intensa, che si concluse nel 1954 quando venne firmato il Memorandum di Londra. Così la c.d. “zona A” del Territorio Libero di Trieste, ovvero i territori fin ad allora amministrati dagli alleati (tra cui Trieste e quella fascia costiera tra Barcola, Opicina e Stivan che vede la presenza consistente dell’etnia slovena) diventarono parte dello stato italiano mentre la “zona B” ad amministrazione jugoslava era inserita nella nuova federazione socialista.
Fu proprio a cavallo di questi anni che avvenne l’esodo più massiccio di popolazione italiana dall’Istria. Una solo nave, la Toscana, nell’inverno del 1947 portò oltre Adriatico oltre 28.000 dei 32.000 abitanti che allora la città di Pola aveva. La dimensione del fenomeno resta ancora controversa, ma alcuni dati precisi sono comunque disponibili; questi ci dicono, ad esempio, che in territorio sloveno nel 1981 si contavano 3.000 residenti di lingua italiana, che corrispondono appena al 10% della popolazione appartenente al gruppo etnico italiano censita nel 1910.
Attualmente sia Slovenia che, successivamente, la Croazia hanno approvato delle leggi di denazionalizzazione dei beni confiscati agli esuli che dovrebbero finalmente aprire le porte alla definitiva soluzione di questo tipo di problema.
I problemi di oggi nell’analisi dell’Unione Italiana
Dal sito Internet dell’associazione che tutela e rappresenta la minoranza italiana in Slovenia e Croazia riportiamo la seguente valutazione della situazione attuale.
“Dai dati del censimento jugoslavo del 1991, l’ultimo effettuato, si evince che i residenti di nazionalita italiana (la nazionalità, in questo caso, ha significato di auto-definizione etnica, e non va confusa con la cittadinanza), sono 24367, di cui 21.303 in Croazia e 3064 in Slovenia. Quelli di madrelingua italiana 29.550, di cui 4009 in Slovenia. Il censimento del 1991 rileva, per la prima volta dall’ esodo – che tra il 1945 e il 1955 ha sconvolto la sponda adriatica orientale, in seguito al trasferimento in massa di un numero non ben definito di persone, ma che viene stimato tra le 250 e le 350 mila – un incremento della comunità nazionale italiana, dato che il censimento del 1981 indicava 15.132 persone che si auto-definivano italiane. Sul significato di questo risveglio etnico degli italiani, che si riferisce quasi esclusivamente alla parte della minoranza che vive in Croazia, esistono opinioni divergenti, ma tutte a sfondo ideologico, che partono dall’importanza che avrebbe la transizione alla democrazia per una libera auto-definizione etnica, per arrivare alle ipotesi di pericolo di snazionalizzazione dei croati, supportate da buona parte del potere in questo paese.
Il maggior problema, ai fini della sopravvivenza della comunità nazionale italiana, non e pero rappresentato dal nazionalismo di una parte della maggioranza – dato che non ci troviamo ad affrontarlo da ieri, ma bensì da cinquant’anni a questa parte, e tenendo conto del fatto che sul territorio in cui vive la maggior parte della nostra comunità, l’Istria, questo problema e poco presente – ma, paradossalmente, da un dato di origine strutturale: il tasso di anzianità. Gli ultrasessantenni, infatti, costituiscono oggi quasi un terzo della minoranza italiana, quelli che hanno più di 50 anni la meta, e tali tendenze non consentono, purtroppo, previsioni ottimistiche sul suo futuro.
In merito alle altre informazioni socio-demografiche fondamentali, non disponiamo di dati censuari, ma di stime, che evidenziano una condizione economica medio-bassa e un livello d’istruzione che, se rapportato a standard europei, si può definire medio, ma in riferimento alla situazione locale e medio-alto, avendo il 43.1% frequentato le scuole dell’obbligo, il 41.4% scuole medie superiori e l’ 11.2% un corso universitario biennale o superiore.
La Comunità nazionale italiana e organizzata in 47 comunità di base, convergenti in un’unica associazione, l’Unione Italiana, registrata in Croazia e Slovenia.
Il Trattato italo-croato sulle minoranze riconosce all’Unione Italiana il ruolo di associazione rappresentativa della C.N.I. in Croazia e Slovenia.”
La prospettiva di una stretta cooperazione europea transfrontaliera: per una Euroregione Istria
Il futuro della minoranza italiana in Istria si lega ad una prospettiva che, oltre a tutelare l’identità linguistica e culturale di questo gruppo (come del resto la Repubblica di Slovenia prima ha fatto e ora la Repubblica di Croazia sta realizzando), riporti l’Istria al centro di dinamiche economico-sociali legate all’integrazione europea. Superata la fase delle contrapposizioni etniche, l’Istria può tornare ad essere una regione dove sia possibile una convivenza basata sulla pienezza di diritti per tutti i suoi cittadini e un futuro di sviluppo.
Ora esiste finalmente la possibilità concreta di inaugurare una nuova stagione di convivenza che chiuda definitivamente il secolo della contrapposizione etnica collocandosi nella prospettiva di una euroregione Istria, ovvero di una zona di stretta cooperazione fra territori frontalieri appartenenti a stati diversi.
Attualmente le Euroregioni tendono a diffondersi molto in Europa; ma tra le poche eccezioni, paradossalmente, si trova proprio l’Istria, dove forse maggiormente se ne sente l’esigenza, visto che le vicende storiche più recenti hanno moltiplicato i confini piuttosto che ridurli. Certo c’è da dire che nell’ambito dell’ex Jugoslavia, l’Istria ha conosciuto già una sorta di euroregione denominata Alpe-Adria, che gestisce una cooperazione a “grande scala” tra regioni frontaliere e no. Del resto Alpe Adria ha forse avuto il difetto di essersi caratterizzata per una visione politica troppo generalista e diplomatica dei problemi; questo mentre invece le euroregioni di oggi si caratterizzano e si costituiscono piuttosto dal punto operativo, ovvero con l’intento di fare sì che i diversi territori collaborino con i propri vicini in base a progetti concreti.
E allora a quando dunque una Euroregione Istria?