settembre 23, 2009
L’esperienza italiana
Corpi Civili di Pace / Caschi Bianchi
Cosa sono e quale é la specifica esperienza italiana. Analisi e proposte elaborate a cura del Centro Studi Difesa Civile (CSDC) di Roma.
Indice:
- integrare la sicurezza nazionale in un progetto di sicurezza globale e multidimensionale
- il retroterra socio-culturale della proposta e i suoi presupposti scientifici
- cosa sono i “corpi civili di pace” o “caschi bianchi”
- ingerenza umanitaria che non contrabbandi guerra
- le esperienze di volontariato del popolo della pace italiano
- esiste una specificita’ del “modello” italiano
- strumenti che possono essere utilizzati in tutte le fasi del conflitto
- una strada non utopistica ma realistica e legata ai valori della carta costituzionale italiana
integrare la sicurezza nazionale in un progetto di sicurezza globale e multidimensionale
“La sicurezza del sistema Italia (e di ogni nazione europea, NdR) in futuro non potrà che essere inserita in un progetto di sicurezza globale e multidimensionale” afferma lo studio La Difesa Civile ed il Progetto Caschi Bianchi. Peackeepers civili disarmati, a cura di F. Tullio / Centro Studi Difesa Civile di Roma (Franco Angeli, Milano 2000). Lo studio “ha esaminato gli strumenti civili che possono contribuire alla prevenzione, alla gestione e alla risoluzione dei conflitti a livello internazionale e le possibilità operative di cooperazione tra due strutture, quella militare e quella civile, che appaiono come complementari.
Si sono considerate inoltre le strategie della Difesa Civile e della difesa difensiva, a cui fanno riferimento gli autori della presente ricerca ed una larga parte dei giovani che scelgono di servirsi della legge 230/98 che ha innovato il servizio civile”.
il retroterra socio-culturale della proposta e i suoi presupposti scientifici
“Le riflessioni, le proposte e le esperienze presentate sono parte di una corrente culturale ampia che ha scelto di attivarsi con metodi civili e nonviolenti contro i pericoli di tutti i mezzi di distruzione di massa e della strategia della deterrenza nucleare. La difesa civile si basa su due presupposti scientifici: quello che la capacità difensiva di un popolo è altro dalla sua capacità distruttiva, e quello che nelle odierne società complesse la difesa delle istituzioni civili e politiche è più rilevante della semplice difesa del territorio. Si considera che ora, ottenuta un adeguato riconoscimento con l’emanazione della suddetta legge, si può chiudere la fase di contrapposizione con la Istituzione Difesa e passare ad una nuova fase di collaborazione attraverso dei programmi che aumentino il livello di sicurezza del nostro Paese, iniziando dall’intervento congiunto nelle emergenze e nelle crisi internazionali.
Pertanto si è concentrata l’attenzione su uno strumento in particolare -i “Corpi Civili di Pace” o “Caschi Bianchi” -in grado di intervenire sulla dimensione relazionale dei conflitti internazionali, oltre che sull’aiuto tecnico umanitario”.
cosa sono i “corpi civili di pace” o “caschi bianchi”
“Questi contingenti sono uno dei diversi strumenti con cui si può realizzare la cooperazione civile – militare e organizzazioni governative – non governative negli interventi di politica estera del Paese. Essi sono uno degli approdi teorici e progettuali di un lungo percorso fatto dalla ricerca e dai movimenti per la pace, che è partita dall’ipotizzare le forme alternative e meno violente per la difesa di uno stato ed è arrivata oggi, dopo i mutamenti epocali dell’ultimo decennio, ad interessarsi all’intervento dei civili come terze parti nei conflitti internazionali. In questo percorso, è mutato anche il rapporto e la considerazione dell’istituzione militare e dell’uso della forza. Oggi quasi nessuno nell’ambito della peace research contesta più il ruolo fondamentale di controllo della violenza che possono avere le Forze Armate internazionali in un teatro di guerra. Ciò che si propone attraverso i Corpi Civili di Pace -Caschi Bianchi è un loro affiancamento con civili esperti nel lavoro di prevenzione e gestione delle crisi violente, nonché di riconciliazione e ricostruzione sociale post-bellica.
Gli strumenti proposti vanno, culturalmente ed operativamente, nella stessa direzione del rispetto dell’articolo 52 della Costituzione, attraverso un incremento della capacità dissuasiva dell’Italia verso potenziali aggressori e sono parte di un percorso:
§ di ri-motivazione dei giovani a partecipare alla difesa multidimensionale della collettività;
§ di partecipazione attiva della cittadinanza alla difesa della Patria;
§ di rinsaldamento della società civile;
§ di sviluppo di nuove forme organizzative, addestrative e tecniche specifiche per la Difesa Civile, integrabili con la difesa tradizionale”.
ingerenza umanitaria che non contrabbandi guerra
“Lo sviluppo di nuovi strumenti di intervento civile nei conflitti, tra cui i “Corpi Civili di Pace- Caschi bianchi” può contribuire a superare il dilemma tra la tutela dei diritti umani e la nozione di sovranità e non ingerenza. Questi strumenti civili di intervento, infatti, mettono in discussione il principio della sovranità statuale in misura minore rispetto a interventi di tipo militare. L’inviare degli “operatori di pace”, civili e militari, specialisti in azione umanitaria, mediazione negoziato, sviluppo di comunità, diritti umani, processi elettorali, può essere una opzione diplomaticamente sicura e rassicurante per gli equilibri internazionali, una risorsa da tenere pronta”.
le esperienze di volontariato del popolo della pace italiano
“In Italia, una serie di ONG ed associazioni si è già mossa in questa direzione operando soprattutto- ma non solo – nella vicina regione dei Balcani. Queste attività potranno avere un impatto significativo con la loro valorizzazione da parte delle Istituzioni. D’altro canto, gli interventi civili di prevenzione e trasformazione dei conflitti hanno mostrato in numerose occasioni il potenziale a loro proprio di mitigazione o avvio di un processo di soluzione negoziato.
L’ esperienza accumulata in questi anni da quella parte del mondo del volontariato che si occupa dei problemi nati nei Paesi in seguito a guerre o ad emergenze umanitarie è di qualità e quantità tali da costituire una base di sicura solidità, rafforzata dalle capacità di ascolto, mediazione e confidence building dei volontari. Inoltre, le capacità di risposta dell’Italia ad emergenze umanitarie (per esempio, la distribuzione di aiuti o la gestione di flussi consistenti di profughi: si pensi al nostro Sud di frontiera) sono internazionalmente riconosciute. A queste offèrte della società civile italiana, abbiamo visto corrispondere le richieste provenienti dalle Nazioni Unite”.
esiste una specificità del “modello” italiano
“Si è visto come già ora esistano solide basi legislative che permettono ai volontari civili di coprire l’intero spettro di funzioni che i documenti delle organizzazioni internazionali assegnano ai Caschi Bianchi. Si deve infine evidenziare che la “peculiarità italiana” consiste nel potere coinvolgere a pieno titolo, coloro che hanno scelto di prestare il servizio civile alternativo al servizio militare di leva, gli obiettori di coscienza, oltre ai volontari e volontari profèssionali, uomini e donne, provenienti dalle più diverse organizzazioni ed esperienze, ivi comprese quelle militari”.
strumenti che possono essere utilizzati in tutte le fasi del conflitto
“Gli strumenti evidenziati sono modulabili per l’impiego in tutte le fasi del processo conflittuale:
- nella fase precoce rispetto a una possibile escalazione violenta di un conflitto, che va dal conflitto latente alla crisi politica;
- nel periodo della polarizzazione e confrontazione;
- nel momento in cui vi sia il ricorso alla violenza;
- nel dopoguerra per la riconciliazione e la ricostruzione”.
- una strada non utopistica ma realistica e legata ai valori della carta costituzionale italiana
“Uno sviluppo nel senso appena indicato della politica estera e di difesa tradizionale non si basa solo su un appello ai valori della pace e della soluzione non violenta delle controversie. Dal punto di vista del sistema-mondo, assicurare la pace e la tutela dei diritti umani fondamentali per mezzo della minaccia o dell’uso della violenza militare comporta un rischio imperiale incompatibile con la Costituzione italiana (in particolare l’articolo 11) e con la Carta delle Nazioni Unite. D’altra parte nessuno stato al mondo possiede la volontà politica e le capacità militari per risolvere manu militari le decine di conflitti che insanguinano il pianeta in questo momento.
Garantire la sicurezza multidimensionale del Paese con strumenti e strategie di intervento per la gestione della violenza converge con l’obiettivo di fare in modo che in futuro si possa intervenire mitigando le devastazioni e impedendo i genocidi come li abbiamo visti nel secolo che volge a termine. Va allora proseguita l’evoluzione delle strategie difensive e militari secondo questo orientamento del peackeeping, presente in Italia sia nelle Forze Armate che nella società civile.
Da non sottovalutare è anche il valore d’immagine che l’Italia acquisterebbe nel proporre uno strumento sicuramente efficace e lungimirante perché agirebbe direttamente sulle popolazioni che sempre subiscono i conflitti per la risoluzione pacifica dei conflitti (una “via italiana di approccio ai conflitti”), in linea con la tradizione costruzione della pace che il nostro Paese eredita dalla sua Costituzione”.