settembre 23, 2009
La Grande Guerra e i bombardamenti aerei delle città: Monza / Lubiana, febbraio 1916
di Roberto Albanese
Il 14 febbraio 1916 i centri industriali dell’area milanese sono sorvolati da aerei austriaci. La gente segue esterrefatta un ridotto ma psicologicamente sconvolgente attacco aereo. Pochi giorni dopo aerei italiani bombardano Lubiana…
Indice:
- Guerra di trincea e fronte interno
- 14 febbraio 1916: la cronaca del bombardamento
- L’interpretazione del fatto
- Tra propaganda e voglia di vendetta: l’attacco su Lubiana
Guerra di trincea e fronte interno
Inizio 1916.
Sia sul fronte francese come sul fronte italiano della “Grande Guerra”, il conflitto si è ormai immobilizzato, diventando guerra di trincea. Nei mesi precedenti, in una serie di sanguinose battaglie combattute sul fiume Isonzo tra il giugno e il novembre 1915, erano caduti 450.000 uomini, di cui 250.000 austro-ungarici e 200.000 italiani.
Sul “fronte interno” l’idea di un rapido compimento di quella che veniva definita come la “quarta guerra di indipendenza nazionale” alla prova dei fatti sta ormai dimostrandosi illusoria. L’opinione pubblica, anche se non è in grado di cogliere la vera dimensione dei massacri, incomincia ad essere impressionata dalle sempre più frequenti notizie di morti sul campo di battaglia che vengono comunicate alle famiglie e pubblicate sui giornali.
Non stupisce quindi il fatto che da parte dei contendenti si inizino ad usare strumenti per incidere sulla tenuta morale e psicologica delle popolazioni, come i bombardamenti aerei contro le popolazioni civili.
Certo le vicende verificatesi durante la prima Guerra Mondiale sono cosa minima in confronto a quanto avverrà nei successivi conflitti successivi.
Si tratta infatti di azioni più dimostrative che realmente distruttive, anche se già sono presenti quegli elementi di strategia e tecnica militare che saranno poi utilizzati su larga scala quando si riterrà che l’opzione del bombardamento aereo delle popolazioni civili sia un’opzione ormai matura per uscire dalla fase sperimentale.
14 febbraio 1916: la cronaca del bombardamento
La mattina del giorno 14 febbraio 1916 compaiono su Monza alcuni aerei militari austriaci. Uno di questi, che il giornale locale “Il Cittadino” del 17 febbraio definisce come un aereo “aviatik” tipo “Tambe”, dopo aver eseguito una serie di evoluzioni, si lancia in picchiata sulla città.
Vengono sganciate alcune bombe, esplosive ed incendiarie.
L’attacco dura circa mezz’ora e si concentra in due diverse parti della città. Alle Grazie Vecchie esplode una prima bomba, che fortunatamente non produce danni in quanto cade nei prati. Ma la zona della città che subirà i danni maggiori sarà quella di S.Biagio. Gli ordigni sganciati dall’aereo austriaco cadono nei prati di S.Vittore e una bomba inesplosa verrà poi trovata nei pressi della Cappella Espiatoria. Sono colpiti insediamenti civili: una ditta di legnami – l’azienda Pietro Sala dei f.lli Guffanti – viene incendiata e si hanno delle vittime fra la popolazione. Infatti il calzolaio Giuseppe Crippa, appena uscito dalla sua casa, è centrato in pieno da una bomba e anche una anziana donna, inizialmente ferita gravemente, perderà successivamente la vita. Quindi, stando a quanto riferito dalla stampa, nel bilancio finale delle vittime dell’attacco aereo su Monza si contarono due morti e tre feriti.
Il fatto viene comunque visto dalla gente come qualcosa di inusitato, dal grande effetto psicologico, come emerge dalla cronaca dell’episodio fatta dalla stampa locale.
L’interpretazione del fatto
La popolazione, commenta “Il Cittadino”, segue l’attacco “con intrepida calma e, diciamo subito, con imprudente e pericolosa curiosità”. Prosegue l’articolista: “invece di ripararsi, la popolazione si è riversata nelle vie, curiosa di constatare di quanta crudeltà sia capace la nazione a noi nemica. Una gran ressa di curiosi si pigiò sui luoghi dove caddero le bombe, dopo che il cielo fu libero dai nemici. Quasi tutti gli stabilimenti cessarono il lavoro”.
L’articolista coglie poi nel fatto avvenuto quella che è la caratteristica peculiare della guerra odierna, ovvero l’aver eliminato l’antica distinzione tra esercito combattente e popolazione civile e l’aver fatto di entrambi obiettivo dell’azione militare.
“Ma la nuova barbarie nemica – commenta il giornalista – ha voluto chiamare tutto il popolo a soffrire della vita di ansie dell’esercito combattente, e il popolo italiano, specialmente il popolo lombardo, che non dimentica le calcagne ferrate e le verghe dei poliziotti austriaci, ritrova sé stesso al contatto delle nuove armi degli stessi offensori” (I Vandali!, Il Cittadino, 24.2.1916).
Proseguendo la lettura dei commenti al fatto espressi dalla stampa locale si capisce poi quali furono le contromisure prese per rispondere a questo nonchè ad altri eventuali attacchi.
La stampa rileva infatti che l’aereo che portò l’attacco non trovò “nessun disturbo”. Prosegue poi dicendo:
“Sappiamo benissimo essere impossibile impedire questi raid, facilitati dal grado di perfezione a cui è giunta oggi l’aviazione nel regolare l’altezza e la velocità dei corsari dell’aria”. Ciò malgrado si formula comunque la richiesta che fosse organizzata la difesa aerea della città di Monza e predisposto un sistema di allarme, evidenziando il fatto che questi invece erano stati già attivati per Milano.
E in effetti, alcuni giorni dopo, in presenza di un temuto nuovo attacco, la popolazione verrà messa in allarme.
Tra propaganda e voglia di vendetta: l’attacco su Lubiana
Ma le risposte sono anche di altro tipo, sia di livello propagandistico come pure (sembrerebbe…) di rappresaglia militare.
Sul “Cittadino” del 24 febbraio compare una composizione poetica – intitolata “Gli avvoltoi” – dai marcati toni patriottici, mentre nel numero successivo si rende conto di un’azione militare dello stesso tipo (ma forse più pesante) portata dall’aviazione italiana su Lubiana.
Sul “Cittadino” del 2 marzo viene infatti pubblicata una lettera dell’aviere Alfredo Cambiaghi di Villa S.Fiorano, località nei pressi di Monza.
“E’ la guerra” commenta e al tempo stesso informa che si è già provveduto da parte italiana a bilanciare la partita; giovedì 19 febbraio 1916 una squadriglia di 9 aerei “Caproni” attacca la città slovena, bombardandola. La censura impedisce al giornale di riferire il numero delle bombe scaricate; la frase della lettera del Cambiaghi riportata dal “Cittadino” ha infatti uno spazio lasciato in bianco…
Dio sa che disastro…!”, è comunque il commento piuttosto cinico dell’aviere brianzolo.
Vediamo ora come invece il bombardamento italiano su Lubiana viene presentato dallo “Slovenec”, un giornale di diffusione nazionale che veniva stampato a Lubiana.
Il contrattacco italiano avviene con una squadra di otto aerei che alle ore 8,30 del 19 febbraio penetrano in territorio nemico nei pressi di Gorizia. Tre di questi attaccano Vrhnika e cinque Gorizia e sono affrontati dalla contro aerea dell’esercito austro-ungherese. Alle 10,30 la squadriglia arriva nel cielo di Lubiana e attacca la città; la stazione ferroviaria di Dolenje viene colpita da tre bombe, mentre altri ordigni cadono uno in piazza Sentjakob – nei pressi dell’ospedale – un altro nel fiume Ljubljanica e un altro ancora a Mozevirje. L’attacco, che è ostacolato anche dalla nebbia che gravita sulla città, causa alcuni feriti ma nessun morto. L’offensiva riprende poche ore dopo quando, alle ore 12, un aereo singolo italiano continua il bombardamento. Gli aerei italiani volano molto basso e l’azione italiana viene contrastata dalla difesa contraerea e aerea; così gli aerei che tentavano di ripassare il confine sempre da Gorizia dovranno invece sorvolare Trieste. In questo modo un aereo Caproni viene intercettato e catturato dagli austro-ungarici, mentre uno dei piloti italiani muore in combattimento.
Qui finisce il resoconto giornalistico dell’episodio.
Purtroppo siamo solo agli albori di quella che sarà la lunga e sanguinosa storia – militare e propagandistica – dei bombardamenti aerei sulla popolazione civile.